La noce. Mito, usi, gioco, culto e leccornia

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Foto da mielelattanzi.it.

Le noci presentano una valenza culturale e simbolica straordinaria. Molte le fonti che ne attestano l’origine mitologica, il culto ad esse legato e i vari usi, in particolare culinari e goliardici, in Grecia e a Roma.

Approfondiamo insieme questo frutto e le varie declinazioni culturali e sociali.

 Grecia
MITO 

Il mito narra che il re di Laconia, Dione, ospitò Apollo e che il dio per sdebitarsi donò alle sue figlie il dono della profezia. In cambio, però, esse non avrebbero mai dovuto scoprire i segreti degli dei.

Le tre fanciulle si chiamavano Caria, Orfe e Lico.

Orfe e Lico, tuttavia, vennero meno al patto per colpa della loro invidia e gelosia: Caria, infatti, era amata da Dioniso e le sorelle cercarono in tutti i modi di spiare il dio.

Esse furono trasformate in rupi del monte Taigeto. La morte di Caria, a causa del dolore per la perdita delle sorelle, sopraggiunse presto e la notizia fu diffusa tra i Laconi da Artemide. La ragazza, tuttavia,  fu  trasformata da Dioniso nell’albero delle noci.

L’albero in greco antico, infatti, è detto καρύα (karía) e indubbio è il collegamento col nome della giovane.

 

CULTO 

Il noce e i suoi frutti sono legati alla Grande Madre, come vedremo a breve, e a Dioniso e Artemide, come testimonia il mito. Ben documentato, infatti, è il culto di Artemide Cariatide, il cui tempio aveva colonne in legno di noce scolpite a forma di figura femminile.

 

CERAMOGRAFIA 

Le noci non sono presenti in alcuna raffigurazione vascolare. Esaminando il catalogato dell’Archivio Beazley, infatti, non è presente la voce relativa al soggetto.

GIOCO

Per il gioco delle noci in Grecia, si rimanda al paragrafo relativo per l’antica Roma…

 

ROMA
Culto 

La noce era un frutto sacro a Giove. Lo studioso A. Cattabiani, nell’analizzare il  nome, nux iuglans, afferma che il termine iuglans «era, secondo l’interpretazione popolare, la contrazione di Iovis glans, ghianda di Giove: nome rimasto nella classificazione botanica, dove il noce è detto Juglans regia.» (A. Cattabiani, Florario. Miti, leggende e simboli di fiori e piante, Monadori, Milano 2010, p. 393).

Egli prosegue , infine, riportando le parole di Castore Durante (medico e botanico, 1529-1590): «Furono queste noci chiamate ghiande di Giove e i primi tempi del mondo dagli uomini, conciosiache essendo eglino usi al cibo delle communi ghiande, ritrovando poscia le noci essere di quelle molto più dolci e più aggradevoli al gusto le chiamarono ghiande di Giove.» (Castore Durante, Herbario novo, p. 311).

 

RITO MATRIMONIALE

Durante la celebrazione del rito nuziale era usanza a Roma che lo sposo spargesse il frutto per propiziare l’abbondanza e la fertilità. Il noce, infatti, era anche legato alla Grande Madre e aveva una duplice valenza legata al ciclo vita/morte/rinascita che affonda le sue radici nel mito greco precedentemente riportato.

 

GIOCO 

Il gioco con le noci è attestato anche nell’antica Grecia, ma è soprattutto a Roma che fu declinato secondo le seguenti varianti:

  • Nuces castellatae o Ludus castellarum

Il gioco consisteva nel posizionare almeno tre noci come base (il cosiddetto “castello”) e lanciarne un’altra sopra. Se si riusciva a formare la piramide, allora si vincevano le noci della base. Variante di questo gioco era far crollare le piramidi altrui con un lancio e vincere le noci dell’avversario. Il gioco è attestato anche in Grecia.

 

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Ludus Castellarum. Sarcofago romano. Galleria Chiaramonti, Musei Vaticani. Foto da romeandart.eu.

 

  • Orca

Scopo del gioco era riuscire a lanciare una noce e  far centro nella bocca di un’anfora.

 

  • Asse inclinata

Ogni giocatore lasciava cadere dalla sommità di un’asse inclinata una noce allo scopo di toccare, alla fine del tragitto, quelle degli avversari poste in prossimità della base dell’asse. Il giocatore vinceva le noci toccate o, viceversa, perdeva la propria se non ne toccava neanche una.

Asse inclinata.  Sulla destra due amorini preparano il gioco. Casa dei Vetti, Pompei. Foto da eBay.
  • Gioco del Delta o Homila

Attestato anche in Grecia. Si disegnava la lettera “delta” in maiuscolo (Δ), che aveva forma di un triangolo, sul terreno o con del gesso e si suddivideva in sezioni orizzontali parallele alla base. Al vertice superiore era posto un bersaglio. Scopo del gioco era colpire o avvicinarsi il più possibile al bersaglio senza uscire dai bordi segnati.

  • Gioco della Fossetta

Attestato anche in Grecia col nome di Tropa. Consisteva nel gettare le noci in un piccolo buco nel terreno, precedentemente scavato e posto ad una determinata distanza. Una variante era sostituire il buco con un vaso nel terreno (vedi il gioco dell’Orca) o sostituire le noci con gli astragali (se vuoi approfondire, ti consiglio l’articolo di A. Romeo, Astragali. Gioco, iconografia e funzioni).

 

  • Posinda

Attestato anche in Grecia col nome di Paidzen. Consisteva nell’indovinare il numero delle noci, pari o dispari, nascoste in una mano o in un sacchetto.

 

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Mosaico. Villa del Casale, Piazza Armerina. A sinistra due giovani intenti a giocare con le noci. Foto da team-studio.blogspot.it.

 

 

Nei vari giochi le noci potevano essere lanciate sia da seduti che in piedi. Un esempio è la statua conservata al Museo dei Conservatori di Roma, che rappresenta un bambino che lancia una noce.

A Roma, infine, il gioco era permesso agli adulti solo durante le feste dei Saturnalia, per il quale è attestata l’usanza di scommettere denaro (cfr. Marziale, Epigrammi 5, 30, 8), ma il divieto era spesso ignorato e frequenti erano le multe.

[Nota bibliografica: fondamentale per la stesura di questo paragrafo è stata la pubblicazione di Elisa Averna dal titolo Intrattenimenti ludici dalla preistoria al medioevo, Aracne Editrice, Roma 2009. Ho consultato in particolare le pp. 342 e 645- 649].

USI CULINARI 

La noce era un ingrediente assai apprezzato.

Columella (Col. XII, 59) ci ha tramandato un’interessante ricetta per la preparazione del moretum: pestare nel mortaio santoreggia, menta, ruta, coriandolo, sedano, porro o una cipolla, lattuga, ruchetta, timo verde o nepitella, puleggio verde, semi di sesamo tostati (o mandorle, o pinoli o nocciole tostate) e noci. Poi aggiungere del cacio fresco, aceto piperato. Servire con un filo di olio.

Apicio (A. VII, XIII, 1), invece, suggerisce una ricetta per un dolce a base di datteri farciti di noci, pinoli o pepe tritato, e sale, fritti e serviti con miele.

N. B. Se vuoi approfondire queste pietanze, ti consiglio la lettura dell’approfondimento della dott.ssa Annamaria Ciarallo sulla cucina pompeiana, il De re coquinaria di Apicio (il più famoso cuoco della Roma antica), a cura di Clotilde Vesco, e i libri Vita romana. Usi, costumi, istituzioni, tradizioni di Ugo Enrico Paoli e La pazza tavola. Il cibo nella letteratura romana di Emily Gowers.

USO COMUNE 

Se la noce era apprezzata in cucina, le parti non commestibili dell’albero (in particolare il legno del tronco e il mallo) erano parimenti apprezzati per altri usi.

Il legno del noce ha caratteristiche tecniche che lo rendono forte ed era, quindi, molto usato nel settore edile: un esempio del suo utilizzo è stato riscontrato nella costruzione dell’edificio di Moregine, a circa 600 metri a sud delle mura di Pompei.

Il mallo, l’involucro carnoso della noce, ha un notevole poter tintorio molto apprezzato a Roma per tingere lana e capelli. (Cfr. A. Ciarallo, Elementi vegetali nell’iconografia pompeiana, L’Erma di Bretschneider, Roma 2006, p. 14).

[Per un approfondimento sul sito di Moregine, clicca qui e qui!]

 

ESPRESSIONE LESSICALE 

L’espressione relinquere nuces (“lasciare le noci”, cfr. Persio, Satira 1, 10) significava “abbandonare l’infanzia” in favore dell’età adulta.

 

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4 commenti

  1. Bellissimo articolo, interessante e istruttivo.
    Adoro le noci. Il gheriglio mi ricorda il cervello.
    Le apro con la punta del coltello in modo da ottenere i due mezzi gusci perfetti, senza rotture e con essi costruisco barchette, topolini, tartarughe, coccinelle.
    A volte il guscio si rompe solo per un quarto e il resto che rimane intatto sembra una scarpa oppure un passeggino, così mi diverto a fare giochini da regalare ai bimbi. Avevo anche una piccola pianta di noce americana che ha un guscio molto duro e un gheriglio molto oleoso. Ho tagliato i gherigli interi a fette (5/6 per ogni noce) e ne sono venute fuori delle “faccine” scimmiesche. Passando un cordoncino in uno dei buchetti ne ho fatto dei ciondoli.

    Buon Anno Nuovo a te e ai tuoi Familiari.

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