Ebbene sì, l’arroganza di Niobe ebbe conseguenze nefaste per i suoi affetti più cari, ma andiamo con ordine…
Chi era Niobe?
Eroina tebana, era figlia di Tantalo e sposa di Anfione ed ebbe ben 14 figli: sette maschi (Sipilo, Eupinito, Ismeno, Damasittone, Agenore, Fedimo e Tantalo) e sette femmine (Etodea, Cleodossa, Astioche, Ftia, Pelopia, Asticrazia e Ogigia). Il numero, tuttavia, cambia a seconda della fonte antica presa in esame e il numero varia da 5 a 20.
Indipendentemente dal numero esatto, tutte le fonti concordano nel ricordane l’arroganza e lo sprezzo dimostrato alla divinità.
Niobe e Leto
Niobe era talmente fiera e soddisfatta della sua prole che un giorno si professò lei stessa superiore a Leto, madre divina dei gemelli Apollo e Artemide, avuti da Zeus, e dea legata alla maternità, alla protezione dei giovani e alla modestia femminile.
Poteva mai Niobe passarla liscia? Terribile fu la punizione inflitta dagli dei: Leto, infatti, chiese ad Apollo e Artemide di vendicarla e così tutti i figli di Niobe furono trucidati. Caddero ad uno ad uno sotto le frecce divine: Apollo uccise i maschi e la sorella le femmine. Fu una strage, la cosiddetta strage dei Niobidi!
La strage dei Niobidi e il cratere del louvre G 341
Il mito di Niobe è raffigurato sulla ceramica attica solo nella fase finale, quella dell’uccisione dei suoi figli.
Uno dei reperti che meglio rappresenta la strage è il cratere a calice del Museo del Louvre (inv. G 341), datato al 460-450 a.C. e attribuito al Pittore dei Niobidi.
Su di esso sono rappresentati Artemide e Apollo che scagliano le frecce contro i giovani sfortunati, sui quali è ricaduta la colpa della madre: il dio è nudo e indossa solo una corona di alloro, la faretra sul fianco e un piccolo drappo sul braccio sinistro; la dea, interamente coperta da un peplo e coi capelli raccolti in un sakkos, ha una faretra posizionata sulla schiena.
La scena è particolarmente triste e sono rappresentati quattro dei ragazzi uccisi, tutti con pose che amplificano l’atrocità della scena:
- una ragazza, in primo piano, con diadema sul capo e vestita con peplo e himation;
- sulla destra in basso, un ragazzo nudo ma con berretto sulla testa;
- ancora più a destra, ma in alto, un ragazzo nudo che fugge via ma che è ormai stato colpito;
- sulla sinistra, un ragazzo, già colpito, e inginocchiato su una roccia.
Guardiamo le vittime più da vicino:
Come finisce il mito?
Alcune fonti riportano la variante che due dei figli di Niobe riuscirono a salvarsi, un maschio e una femmina.
Nell’Iliade si ricorda che un ulteriore sfregio divino fu quello di lasciare i corpi delle vittime senza sepoltura per dieci giorni, ma all’undicesimo gli dei ne ebbero pietà e li seppellirono loro stessi.
Niobe fuggì dal padre Tantalo, inconsolabile e piangente. Fu così trasformata dagli dei in roccia, dalla quale fuoriusciva acqua… le lacrime di Niobe!
Cosa ci insegna questo mito? L’umiltà! Un valore che purtroppo sembra poco apprezzato e mostrato…
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Come commentare ciò che non è esistito. Ma è talmente verosimile il racconto che mi lascia perplesso, oserei dire vorrei che fossero reali. La saluto.
La ringrazio per questo commento e sono felice che l’approfondimento le sia piaciuto. Ha ragione, è vero che è verosimile. Chissà, forse il motivo è che gli errori che i mortali compiono nel mito sono gli stessi che compiamo ancora oggi e i racconti, quindi, non ci sembrano dopotutto così lontani dalla realtà…Grazie ancora di aver commentato!