Helios, il sacro Sole

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Helios sul carro. Cratere a calice – London, British Museum inv. E466 (450-400 a.C.). Foto da Archivio Beazley

Qualche settimana ho iniziato il progetto “La volta celeste” che sta avendo un discreto successo, grazie! Oggi analizziamo la figura di Helios, il Sole, protagonista indiscusso nel mito e nel culto…

Pronti? E allora, è proprio il caso di dirlo, lux fuit!

Helios (῞Ηλιος) è un Titano (appartiene, quindi, alla generazione precedente agli dei olimpici), figlio di Iperione e Teia e fratello di Eos (l’Aurora) e Luna.

Dalla conserte Perseide, figlia di Oceano e Teti, ebbe figli illustri, quali: Eeta, re della Colchide e padre di Medea, la maga Circe e Pasifae, moglie di Minosse e madre del Minotauro.

Ebbe numerose amanti, tra cui persino la cognata Climene, ed è rappresentato come un bellissimo giovane dai capelli color dell’oro con aureola a raggiera

Gli erano sacri il gallo, che ne proclama l’arrivo, e i cavalli.

TRAGITTO SOLARE

Aveva il compito di portare la luce solare agli uomini.

Egli percorre il cielo su un carro di fuoco trainato da quattro cavalli alati: Piroide, Eoo, Etone e Flegone.

Ogni mattino, preceduto dal carro dell’Aurora, percorre una strada che taglia il cielo a metà, da est ad ovest. Il viaggio notturno da Occidente ad Oriente si svolge, invece, sotto la terra e attraverso l’Oceano in una imbarcazione, una sorta di grande coppa d’oro forgiata da Efesto. Questa seconda parte del viaggio ha una durata inferiore a quella diurna.

Concluso il giorno, egli ritorna al suo palazzo d’oro, dal quale ripartirà la mattina successiva.

 

MITI

I miti in cui Helios è protagonista sono:

  • Il furto delle mandrie da parte degli uomini di Odisseo

Il dio possedeva in Sicilia sette mandrie di buoi e sette greggi di agnelli, ognuna di cinquanta capi. La caratteristica di questi animali era che erano immortali né si moltiplicavano, il loro aspetto rimaneva invariato, sfoggiando un vello candido e corna dorate. Essi simboleggiavano l’anno greco formato da cinquanta settimane di sette giorni.

Odisseo e i suoi uomini, una volta giunti in Sicilia, uccisero e si cibarono di una parte di essi. Helios pretese vendetta e minacciò Zeus che si sarebbe ritirato sottoterra se i colpevoli non fossero stati puniti. Zeus, allora, una volta che i colpevoli presero il largo, affondò la nave con un fulmine uccidendo tutti. L’unico superstite fu Odisseo che, naufrago, giunse sull’isola di Calipso.

  • La guarigione della cecità di Orione

Orione era un cacciatore, figlio di Euriale e Poseidone, dal quale ereditò il potere di camminare sulle acque del mare. Giunto a Chio, si innamorò di Merope, figlia di Enopione, che violentò in preda agli eccessi del vino. Fu quindi accecato dal padre della giovane durante il sonno.

Ceco, si recò alla fucina di Efesto. Lì prese un bambino, Cedalione, come guida per essere condotto di fronte al Sol Levante e così guarì, in quanto Helios è «colui che tutto vede».

  • La disputa con Poseidone

Nel momento in cui i mortali si organizzarono in città, gli dei decisero di scegliere ognuno una o più città dove sarebbero stati venerati. Entrambi gli dei scelsero Corinto e il giudice della contesa, il gigante Briareo, decise in favore di Helios.

  • Il patto con Herakles

Una delle dodici fatiche di Herakles consisteva nel rubare i buoi di Gerione per ordine di Euristeo. Per compiere l’opera l’eroe doveva attraversare i deserto della Libia e l’Oceano. Durante la traversata del deserto, a causa del caldo insopportabile, minacciò Helios con le sue frecce e così il dio lo pregò di non scagliarle. Herakles acconsentì a patto che il dio gli prestasse la sua imbarcazione d’oro per attraversare l’Oceano. Helios acconsentì.

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Herakles nella coppa aurea di Helios. Tondo interno dello skyphos ARV 118A (525-475 a.C.). Foto da Archivio Beazley.

 

  • La morte di Fetonte

Egli era figlio di Helios e Climene. Fu cresciuto dalla madre senza che gli fosse rivelato il nome del padre, notizia che apprese solo in età adolescenziale. Per avere la prova di questa rivelazione, chiese al padre di guidarne il carro. Purtroppo non seguì la rotta tracciata dal dio: scendendo troppo in basso rischiò di bruciare la terra, salendo troppo in alto disturbò gli astri che chiesero l’intervento di Zeus. Quest’ultimo fulminò il giovane senza pietà.

Il corpo di Fetonte precipitò nelle acque del fiume Eridano, per poi essere raccolto dalle sorelle, le Eliadi, che lo piansero talmente tanto da essere trasformate per pietà divina in pioppi.

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Morte di Fetonte. Sarcofago (inizi IV sec.). Foto da brunelleschi.imss.fi.it

 

ICONOGRAFIA 

In genere è rappresentato sul carro solare trainato dai cavalli alati (vedi immagini di copertina). Questo tipo di iconografia non trova riscontro nei poemi omerici, ma diventerà un canone dagli Inni omerici in poi.

Le prime raffigurazioni di appaiono su vasi attici a figure nere. In esse il dio è solo o con Herakles, sul suo carro tirato da due cavalli alati mentre attraversa l’Oceano.

Elios e Herakles
 Helios e Herakles. Theseus Painter, skyphos ABV 518 (525-475 a.C.). Foto da Archivio Beazley.
Nei  vasi attici a figure rosse è rappresentano barbato o imberbe e sul carro, con Selene o con le stelle, la cui presenza rappresenta il suo sorgere (vedi immagine di copertina). È presente anche in scene che raffigurano Endimione, Prometeo, Eros e Psyche.
Nella scultura i caratteri rimangono immutati. Caratteristiche sono alcune sculture di monarchi ellenistici e imperatori romani identificati con l’iconografia del dio. Spicca fra tutti Alessandro Magno:
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Alessandro Magno. Foto da cardano.pv.it

In età più tarda non appare sempre aureolato e raggiato.

 

CULTO
  • Grecia

Helios era considerato nemico dei malfattori perché vedeva ogni cosa ed il suo nome era invocato nei giuramenti.

Era venerato particolarmente sull’isola di Rodi e nelle città di Corinto, Sicione e Argo.

A Rodi gli erano dedicate le Hēliaîa (Ἡλιαῖα), festività comprendenti gare atletiche e un sacrificio nel quale dei carri, trainati da quattro animali sacrificali, venivano precipitati in mare.

Famoso è il Colosso di Rodi,  opera perduta di Chares da Lindo, alta 32 metri e posta a cavalcioni all’ingresso del porto dell’isola e  fra le cui gambe passavano le navi, e la statua che sorgeva vicina al Faro di Alessandria, anch’essa perduta ma riprodotta in un mosaico giustinianeo a Qasr el-Lebia.

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Colosso di Rodi. Litografia (1835)
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Mosaico di Qasr el-Lebia (IV sec.). Fota da pinterest.com

 

Più tardi fu assimilato ad altre divinità, particolarmente ad Apollo.
  • Roma

Fondamentale per l’importazione del culto solare fu la spedizione di Aureliano contro la regina Zenobia del Regno di Palmira (272 a.C.). Egli stesso affermò di avere sognato il dio Sole della città di Emesa che correva in soccorso dei Romani e in effetti la battaglia fu vinta grazie all’aiuto di questa città. Una volta tornato a Roma, vi trasferì il culto del dio ed edificò un tempio nel Quirinale (274 a.C.).

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Il Quirinale. Foto da F. Coarelli, Roma, Guide Archeologiche Laterza, Roma 2001, pp. 276-277.

 

Allo stesso Aureliano risale la festa del Dies Natalis Solis Invicti (Giorno di nascita del Sole Invitto), il giorno del solstizio di inverno, che sostituì i precedenti Saturnalia (dal 17 al 23 dicembre).

Vi era, tuttavia, un precedente culto solare agreste, quello del Sol Indigens (Sole nativo) ed esistevano già divinità identificate con il Sole, quali Apollo e Mitra.

Come nella Grecia ellenistica, anche a Roma si diffuse ben presto  l’assimilazione del sovrano al dio solare.

Cari followers… spero di aver fatto luce, è proprio il caso di dirlo, su questo dio della luce che tutto vede e tutta sa!

Anassagora osò dare una definizione quasi blasfema del dio definendolo semplicemente «una massa incandescente». Da un punto di vista astronomico forse possiamo anche perdonare il filosofo, ma di certo da un punto di vista mitologico e cultuale non possiamo che inchinarci di fronte a tale splendore!

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