Pothos, Eros e Himeros nella letteratura greca
Dio della nostalgia amorosa, Pothos era figlio di Afrodite (cfr. A. Supp. 1034) o di Zefiro, il Vento dell’Ovest, e Iris, l’Arcobaleno, (cr. Nonn. D. 47, 340). Eros, dio dell’amore passionale, era figlio di Afrodite (cfr. A.R. 3, 82), oppure di Gaia (cfr. Sapph. fr. 198), Iris (cfr. Alc. fr.327), Ilizia (cfr. Paus. 9, 27, 1) o ancora di Penia (cfr. Pl. Smp. 178). Himeros, infine, rappresenta la bramosia amorosa ed era figlio di Afrodite (cfr. Ov. fast. 4.1).
Come si legge nel “Cratilo” di Platone, Pothos, Eros e Himeros rappresentano i diversi aspetti del sentimento amoroso (la nostalgia, l’amore e la bramosia):
«Ἵμερος [= brama] ricevette questo nome dal ῥοῦς [= dalla corrente] che trascina di più l’anima. Poiché, infatti, ἱέμενος ῥεῖ καὶ ἑφιέμενος [= fluisce bramoso e desideroso] delle cose e proprio così trasporta con forza l’anima nella ἕσις τῆς ῥοῆς [= impetuosità dello scorrere], per tutta questa potenza venne chiamato ἵμερος [= brama]. Anche πόθος [= nostalgia], a sua volta, viene attribuito per indicare che non riguarda il presente dell’ἵμερος [= della brama] e del ῥεῦμα [= della corrente], ma τὸ ἅλλοθί που ὅν καὶ ἀπόν [= ciò che è altrove e lontano]; da qui viene il nome di πόθος [= nostalgia] per quello che , quando è presente ciò cui si aspira è detto ἵμερος [= brama], mentre quando esso è assente, vien chiamato πόθος [= nostalgia]. Riguardo ad ἔρως [=amore], invece, poiché εἰσρεῖ ἔξωθεν [= penetra dall’esterno] e la ῤοή [= corrente] stessa non appartiene a chi la possiede, ma è entrata dal di fuori attraverso gli occhi, per questo esso venne detto ἔσρος [= esros] dall’ ἐσρεῖν [= dal penetrare], dato che si usava l’ οὖ [o] invece dell’ ὦ [o], mentre ora viene chiamato ἔρως [=amore] per la sostituzione dell’ ὦ [o lunga] al posto dell’ οὖ [o breve]».
[Pl. Cra. 419E – 420 B. Trad. it. G. Reale, pp. 165-166].
Iconografia di pothos, eros e himeros
Anche dal punto di vista iconografico, infine, i tre eroti erano raffigurati spesso insieme: celebri, a tal proposito, sono l’opera dello sculture Skopas nel tempio di Afrodite a Megara, ricordata persino da Pausania nella sua opera “Periegesi della Grecia” (Paus. 1, 43, 6) e lo stamnos [vaso per contenere e servire liquidi, come il vino mescolato con l’acqua. Per un approfondimento, si rimanda al Beazley Archive] attico ARV(2) 289.1, attribuito al Pittore delle Sirene, datato al 480 a.C. circa e conservato al British Museum (inv. E 440).
Concentriamoci sullo stamnos del british
Lo stamnos ARV(2) 289.1 (480 a.C. ca.), conservato al British Museum (inv. E 440) e attribuito al Pittore delle Sirene, rappresenta i tre eroti che volano a pelo d’acqua sul mare e uno dietro l’atro. Il primo sulla sinistra porta con sé una lepre, tipico dono nelle scene di corteggiamento sulla ceramica attica, quello al centro tiene da entrambi i capi un viticcio e l’ultimo una fascia ricamata con frange poste su entrambi i lati corti.
Il legame con la sfera erotica
Interessanti sono le iscrizioni: sul primo erote si legge καλος, erroneamente scritto κασος, sopra la testa della figura centrale vi è καλος e sopra la testa di quello a destra vi è il nome hιμερος (Himeros).
Il legame con la sfera sessuale ed erotica è riscontrabile proprio con il temine kalós (“bello”), introdotto nell’iconografia intorno al 510-480 a.C., in riferimento alla bellezza corporea che esse mettono in mostra. In genere era riferito a giovani o adolescenti ed è presente secondo le seguenti formule: da solo (καλός), dopo il nome del giovane al quale è riferito, (es. Elpinikos kalós – “Elpinikos [è] bello”) e nella formula ho pais kalós (“il fanciullo [è] bello”). Meno frequenti, invece, le iscrizioni riferite alle ragazze e alle donne, nelle quali il termine al femminile è kalé (“bella”) [per un approfondimento si rimanda a Bello, bellissimo, anzi… kalós!].
I doni erotici portati dalle tre figure e la formula kalós, quindi, non fanno che confermare l’interpretazione secondo la quale i tre eroti raffigurati siano proprio Eros, Pothos e Himeros.
Riferimenti bibliografici:
Platone, “Tutti gli scritti”. Trad. it. G. Reale (a cura di), Rusconi, Milano 1991.
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